LA GESTIONE IN RETE DI IMPIANTI
Installatori in difficoltà?
Colgo lo spunto da alcuni colloqui con installatori, estremamente preoccupati da picchi di lavoro seguiti da momenti di attività piatta causati, a loro dire, da scarsezza di commesse a breve-medio termine che non permettono visibilità aziendale che abbia una qualche concretezza.
La conseguenza è stress imprenditoriale, gestione confusa dei cantieri, parossismo nell’ordinare materiali che si vorrebbero già in casa nel momento in cui si fa l’ordine, apprendimenti di funzioni o di materiali nuovi fatte approssimativamente all’ultimo momento se non addirittura in cantiere.
Mi chiedo e ho chiesto se si considera che questo sia un modo corretto di lavorare, e mi si risponde che oggi è così e che la concorrenza è tanta.
Vorrei rimandare, per non ripetermi, a articoli precedenti sulla quantità di impianti ancora da fare e da ristrutturare (link) e sull’importanza del cambiamento sulle regole delle commesse e degli appalti creata dal DPR380 (link). Questo cambiamento introdotto dal DPR, partito in modo impercettibile e oggi pienamente percepito dagli operatori, ha cambiato le regole e le procedure di affidamento dei lavori. Continuare a negarlo è fare imprenditoria con le fette di salame sugli occhi. Quindi, o si è all’interno del meccanismo in stretta relazione con gli studi di progettazione e con gli assegnatari delle sezioni tecnologiche (impiantisti elettrici, idraulici o strutture globali) oppure ci si specializza in comparti di “nicchia” dove la professionalità, l’esperienza e l’affidabilità consentono di vedere subappaltati alcuni segmenti specifici proprio perché estremamente delicati e richiedenti competenze particolari.
Ma proprio per veder riconosciuta la capacità “speciale” è necessario che questa ci sia veramente. Non ci si mette quindi in vista o non si aumenta la propria reputazione continuando a offrire centralina, sirenina e sensorino. Questo ormai lo sanno fare anche i bambini, non siamo lontani dal “fai da te” e non ci si può piccare di professionalità solo perché si sanno collegare due morsetti. Si sa bene che questa non è sicurezza, si sa bene che alla base di un impianto c’è una analisi del rischio, c’è la necessità, direi l’obbligo, di spiegare al committente perché alcune cose si possono fare, altre si debbono fare e altre sono da evitare. Questo è un buon punto di partenza. Oggi però non è sufficiente. Oggi, e lo vediamo quotidianamente, la richiesta è sempre di più sul sistema, grande o piccolo che sia, più o meno integrato nell’edificio che sia in grado di comunicare con il mondo esterno su vettori multipli per aumentare la sicurezza, la comunicazione, la velocità di reazione. E in questo la parte del leone la sta facendo oggi la rete dati. Locale e su rete geografica, vediamo oggi la cablatura dati ormai anche a livello abitativo. Non c’è discussione poi per gli ambiti industriali e commerciali, nei quali è un dato di fatto.
La disponibilità di collegamenti flat a basso costo, la necessità di configurazione per ricevere immagini video, altamente trainante, l’esistenza di metodi, protocolli, software e dispositivi tecnici che permettono l’uso della rete rende necessario per l’operatore (installatore) misurarsi, destreggiarsi e avere competenza in questo ambito.
E qui noi vediamo una certa riluttanza, scarsità di competenza, poca voglia di crederci da parte dell’installatore medio. Sembra che ci sia timore ad affrontare un campo nuovo. Come dire “oddio, non ne so nulla, meglio dire che non si può fare piuttosto che mettermi nei problemi”.
Bè, è meglio capire subito che è una strada senza uscita.
La rete è ineluttabile. Chi ne resta fuori sarà emarginato. L’utente vuole e pretende funzionalità, servizio, competenza. L’utente di nuova generazione e a capacità di spesa crescente non ha oggi 60 anni ma ne ha mediamente 35. E se teniamo ben conto che anche chi ha 60 anni non è digiuno da mail, PC, conti on-line e telefonini, figurarsi chi ne ha 35 di anni.
Quanto vogliamo che la sicurezza resti fuori da tutto questo prima di renderci conto che non è il lavoro che manca ma una proposta aggiornata di funzioni e servizi che aumentino il comfort e la sicurezza dei nostri utenti? Smettetela di agitarvi con sirenine, centraline, chiavette e sensoretti. Questi sono elementi di base, come i mattoni e la malta lo sono per fare uno stabile. Per l’edificio dovete avere un’idea, un progetto, una visione globale di che cosa serva a chi ci va ad abitare o a lavorare. Dovete sapere se con quei mattoni ci dovete costruire un caminetto o una sala CED!
E dovete spiegare al vostro committente perché oggi è possibile e conveniente avere la gestione del proprio edificio indipendentemente dal posto nel quale lui si trovi: a 50 metri dal cancello o a Boston. E il vostro utente sa che questo è possibile: ha solo bisogno, par affidarvi il lavoro, di sapere che voi siete in grado di farlo.
Con la rete.
E diventerete specialisti.
Veri, pochi e stracarichi di lavoro, mentre altri continueranno a cincischiarsi con centraline, sensoretti e sirenette e a pensare di risolversi i problemi della vita lottando col fornitore su 1 Euro di differenza su un sensore (su 1000 sensori sono 1000 euro: ma quando li installate 1000 sensori?)
Meditate, gente, meditate…